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SEZIONE PROVINCIALE U I C I - Provincia di Salerno -

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Circolare Numero: 186

Sentenza 4 luglio 2013, n. C-312/11 Corte Di Giustizia CE-UE

Si rende noto che la Corte di Giustizia CE-UE, con la Sentenza 4 luglio 2013, n. C-312/11, ha statuito che la Repubblica Italiana, non avendo imposto a tutti i datori di lavoro di prevedere, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, soluzioni ragionevoli applicabili a tutti i disabili, e' venuta meno al suo obbligo di recepire correttamente e completamente l'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE1 del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parita' di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

Nell'iter logico-argomentativo del giudizio della Corte emergono numerosi spunti di particolare interesse.

Il primo concerne la nozione di "handicap".

Secondo la Corte, alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita', tale nozione deve essere intesa nel senso che si riferisce ad una limitazione risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori.

Tale nozione si applica, necessariamente, anche al campo di azione della citata direttiva 2000/78.

Il secondo concerne l'interpretazione del concetto di "soluzioni ragionevoli".

In conformita' all'articolo 2, quarto comma, della Convenzione dell'ONU, gli accomodamenti o soluzioni ragionevoli sono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessita' in casi particolari, per garantire alle persone con disabilita' il godimento e l'esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle liberta' fondamentali.

Secondo la Corte, tale concetto deve essere inteso nel senso che si riferisce all'eliminazione delle barriere di diversa natura che ostacolano la piena ed effettiva partecipazione delle persone disabili alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori.

Di conseguenza, dal testo dell'articolo 5 della direttiva 2000/78, letto in combinato disposto con i considerando 20 e 21 della medesima direttiva2, risulta che gli Stati membri devono stabilire nella loro legislazione un obbligo per i datori di lavoro di adottare provvedimenti appropriati, cioe' provvedimenti efficaci e pratici, ad esempio sistemando i locali, adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro o la ripartizione dei compiti in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione, senza imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato.

Tali provvedimenti possono anche consistere in una riduzione dell'orario di lavoro.

Pertanto, alla luce delle predette considerazioni, per trasporre correttamente e completamente l'articolo 5 della direttiva 2000/78 non e' sufficiente disporre misure pubbliche di incentivo e di sostegno, ma e' compito degli Stati membri imporre a tutti i datori di lavoro l'obbligo di adottare provvedimenti specifici a favore di tutti i disabili, nel settore dell'occupazione e delle condizioni di lavoro.

Sotto tale riguardo l'ordinamento italiano risulterebbe manchevole per i seguenti aspetti: - la legge n. 104/1992 non garantisce che tutti i datori di lavoro siano tenuti ad adottare provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore dei disabili, come esige l'articolo 5 della direttiva 2000/78; - la legge n. 381/1991, destinata all'inserimento lavorativo dei disabili attraverso le cooperative sociali, non contiene neanch'essa disposizioni che impongano a tutti i datori di lavoro l'obbligo di adottare provvedimenti appropriati, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2000/78; - la legge n. 68/1999 non e' volta a disciplinare quanto richiesto dall'articolo 5 della direttiva 2000/78; - il decreto legislativo n. 81/2008 disciplina solo un aspetto dei provvedimenti appropriati richiesti dall'articolo 5 della direttiva 2000/78, cioe' l'adeguamento delle mansioni alla disabilita' dell'interessato.

Pertanto, la Corte ha concluso che la legislazione italiana, anche se valutata nel suo complesso, non assicura una trasposizione corretta e completa dell'articolo 5 della direttiva 2000/78, dal momento che "non impone all'insieme dei datori di lavoro l'obbligo di adottare, ove ve ne sia necessita', provvedimenti efficaci e pratici, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a favore di tutti i disabili, che riguardino i diversi aspetti dell'occupazione e delle condizioni di lavoro, al fine di consentire a tali persone di accedere ad un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione".

Ci si augura che il legislatore italiano intervenga quanto prima per sanare tale vulnus legislativo, piu' volte segnalato anche dall'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti nelle sedi politiche ed amministrative competenti.

Cordiali saluti.

IL PRESIDENTE NAZIONALE

(Prof. Tommaso Daniele)

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